Credo che ci sia un punto fondamentale che viene spesso e volentieri ignorato nei manuali di scrittura. Si parla tanto di struttura, di personaggi, di dialoghi, di punti di vista… Al contrario, non si parla abbastanza di messa a fuoco. Userò l’espressione “messa a fuoco” perché il termine “focalizzazione” di solito viene utilizzato per indicare il punto di vista attraverso cui viene raccontata la storia, e non vorrei quindi creare confusione.
Cosa intendo per messa a fuoco? Come un fotografo può indirizzare il nostro sguardo su quello che ritiene importante, evidenziando il soggetto per lui rilevante e lasciando fuori fuoco il resto, così chi scrive deve far capire il prima possibile che cosa vuole raccontare. Sembra una cosa scontata, ma non lo è: la maggior parte dei manoscritti che mi capita di leggere ha esattamente questo problema. Magari sono scritti anche bene, ma non si capisce dove vogliano andare a parare. E se arrivati a pagina 10 ancora non lo si è capito, la faccenda diventa seria.
A volte il problema nasce dal fatto che chi scrive non parte con le idee chiare. Non ha una scaletta e non sa nemmeno lui dove finirà. A questo proposito avevo già scritto questo post sui pitch, che mi sembra utile per mettere a fuoco la propria storia.
La messa a fuoco è un problema che riguarda soprattutto il primo romanzo che si scrive: nel primo romanzo di solito si vuole mettere tutto, come se fosse l’unico romanzo della propria vita, e questo può scontrarsi con la chiarezza di ciò che realmente si sta raccontando. Ma lo stesso difetto lo si riscontra anche in romanzi scritti da autori che hanno già esordito. A forza di aggiungere, indeboliscono. Come un albero di Natale sovraccarico di palle e lucine che a un certo punto si spezza. Less is more, in questo caso, deve essere un imperativo. Tutto ciò che non è utile alla storia, che è lì solo per riempire spazio o per compiacere l’autore, va eliminato. Senza troppe esitazioni.
A volte, poi, non è nemmeno chiara l’intenzione che sta dietro un manoscritto: vorrebbe essere un romanzo? Un diario di viaggio? Un saggio? Un manuale di autoaiuto? Una carrellata di pensieri sui massimi sistemi? Anche questo è un difetto più comune di quanto si possa immaginare. Avere le idee poco chiare, non scegliere una direzione, non conoscere bene i generi letterari, e voler buttare dentro di tutto crea un effetto minestrone piuttosto indigesto.
Fammi capire che cosa mi stai raccontando, e fallo subito.
Prima di perderti il mio interesse.
Il modo migliore per imparare a mettere a fuoco una storia, secondo me, è scrivere racconti. Tutti dovrebbero cominciare dai racconti. In un racconto non hai lo spazio per divagare o per farti trascinare dalle sottotrame, e questo è molto istruttivo. Quando si è agli inizi scrivere un romanzo può invece dare alla testa (“posso metterci dentro qualsiasi cosa!”) oppure spaventare (“come le riempio tutte ‘ste pagine?”). In un caso come nell’altro il risultato sarà “scrivo tutto quello che mi passa per la testa”. Col risultato che tutto diventerà sfocato, una massa indistinta di parole (colori, tornando alla similitudine con la fotografia) da cui nessuno riuscirà a recuperare l’idea – per quanto geniale che fosse – da cui si è partiti.
Quindi, prima di preoccuparti di tutto il resto, preoccupati sempre che chi ti legge riesca a capire subito cosa gli vuoi raccontare, e sia invogliato a voltare pagine per scoprire che cosa faranno i tuoi personaggi, e non che cosa farai tu.
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