Il 23 febbraio esce l’antologia di racconti Più veloce della luce, curata da Luca Martini e Gianluca Morozzi e pubblicata da Pendragon.
Sono 23 racconti ispirati al mondo dei supereroi, tra cui il mio L’Uomo Ragno e le industrie di caffè che finalmente svela il grande mistero che attanaglia la nostra generazione dal lontano 1992: qual è lo sgarro che ha fatto l’Uomo Ragno alle industrie di caffè? (Se non sapete di cosa sto parlando – ma non ci credo – guardatevi questo).
Ci sono un sacco di ragioni che mi rendono felice per questa uscita: la prima ve l’ho già detta e riguarda la mia vecchia passione per gli 883. Ma la più importante di tutte è che in questa antologia c’è anche un racconto di Enrico Brizzi, un altro pilastro della (e per la) mia generazione. L’ho ripetuto spesso: se ho iniziato a scrivere è stato grazie ai romanzi di scrittori come Culicchia e Brizzi, che ai miei occhi tardoadolescenziali (sempre per rimanere in tema) sembravano rivoluzionari: giovani che parlavano ai giovani raccontando storie di giovani. Oggi probabilmente un diciassettenne com’era il Brizzi di Jack Frusciante si affiderebbe ai video su YouTube, o ben che vada a Wattpad. Ma negli anni ’90 la narrativa e la musica erano ancora i canali di comunicazione più potenti di cui potersi servire.
Un giorno Enrico Brizzi venne all’università per una presentazione e io – che all’epoca l’università la frequentavo e stavo buttando giù i primi scritti – non persi l’occasione di incontrarlo, di farci due chiacchiere e di farmi autografare tutti i suoi libri. Questa dedica dice tutto:
Enrico fu molto disponibile e mi diede un po’ di dritte. Lo vedevo come una rockstar e sognavo di poter essere anch’io pubblicato, letto e apprezzato. Pur senza raggiungere il suo successo, riuscii a esordire l’anno successivo.
Da allora di anni ne sono passati parecchi, ma vedere il mio racconto insieme al suo (dedicato al mitico Supertognazzi) mi fa un effetto strano e bellissimo. E credo proprio che l’Andrea di vent’anni fa sarebbe orgoglioso di me.
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