A ottobre ho iniziato il mio terzo corso di Scrittura Creativa alla Scuola Internazionale di Comics di Torino. È un lavoro che mi piace e mi diverte (questo anche come risposta a chi pensa che tenere corsi di Scrittura Creativa sia solo il modo più semplice che si sono inventati gli scrittori frustrati che non possono campare sui diritti dei propri libri). Lo trovo molto stimolante perché alla fine non sono solo gli allievi a imparare: impara tantissimo anche chi sta dall’altra parte della cattedra, soprattutto quando la classe si mostra interessata e ha un atteggiamento propositivo.
Insegnare mi fa anche riflettere su quando andavo a scuola e su quanto la scuola tradizionale sia superata (in effetti non sono sicurissimo che oggi la scuola sia come “ai miei tempi” – oddio l’ho scritto davvero – ma sono abbastanza convinto che ciò che andrò a contestare sia rimasto intatto e rimarrà intatto per le prossime duecento riforme scolastiche).
- Autoritarismo vs. autorevolezza. La scuola tradizionale ci ha abituati a professori che mantengono sempre un distacco, che stanno su una specie di altarino e che sono intoccabili e infallibili. Forse lo fanno per difendere una posizione di potere che sanno essere traballante (“se mostro i muscoli, mi rispetteranno”). A me tutto questo non interessa. Senza apparire come il prof. Keating di quartiere, posso assicurare che il rispetto dei propri allievi passa per tutt’altre vie. Con l’empatia, ad esempio. In classe si può anche scherzare, l’importante è capire che ci sono momenti di lavoro duro e altri di alleggerimento. Ma in ogni caso far trasparire la propria passione funziona più delle bacchettate sulle dita.
- Il confronto. Non ho inventato niente, perché funziona così in tutte (almeno credo) le scuole di scrittura: non c’è un tizio che predica e altri tot che si bevono le sue prediche. Certo, c’è il momento della classica lezione frontale, ma poi, quando è il momento di mettere in pratica ciò che si è appreso, il confronto avviene tra tutti e tutti hanno diritto di esprimere la propria opinione perché ogni opinione è importante (non giusta: importante, che è diverso). L’insegnante in questi casi funziona più da coordinatore; in alcuni momenti potrebbe anche sparire e la discussione andrebbe avanti lo stesso. Nelle scuole tradizionali, invece, tutto ciò non avviene e gli allievi hanno un ruolo passivo.
- Quello che dico a te vale anche per lui. Questo mi sembra il punto più importante su cui la scuola tradizionale dovrebbe fare una seria riflessione. In tutti gli anni passati a scuola non c’è stata nemmeno una volta in cui un professore abbia preso i nostri compiti e li abbia esaminati pubblicamente, di fronte a tutti. Ricevevamo i nostri fogli protocollo con un tot di segni rossi e blu, un voto, se andava bene un giudizio. Ma nessun commento che potesse essere utile anche agli altri. Soprattutto per quanto riguarda i temi mi sembra assurdo. Per anni ho visto ciò che non andava (sempre e solo secondo l’opinione del prof) riguardo a quello che scrivevo io ma non ho mai avuto l’occasione di leggere i temi degli altri né tantomeno di sapere che cosa funzionasse o non funzionasse nei loro lavori. Questo è uno spreco terribile. Perché quello che viene segnalato a un allievo può essere utile non solo a lui, ma a tutti. Quanto potrebbe migliorare un’intera classe se fosse più chiaro che cosa va bene fare e che cosa invece è meglio evitare? Si impara dai propri errori ma anche da quelli degli altri.
(Oh, parlare male della scuola mi ha riportato a quando andavo nelle scuole a presentare Bambole cattive a Green Park e gli insegnanti mi lodavano e io me la ridevo perché buona parte di quel romanzo l’avevo scritta contro la scuola e quel liceo che mi aveva rubato l’anima e l’ossigeno per cinque lunghi anni.)
[foto: stux]
0 commenti